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La storia degli scavi presso la Basilica di S. Restituta a Lacco Ameno ha inizio negli anni 50’ del secolo scorso, quando si decise di fare dei lavori di ristrutturazione nell’antica cappella dedicata alla martire africana Restituta. Nessuno poteva immaginare che al di sotto del pavimento maiolicato era custodito un vero e proprio tesoro che raccontava fedelmente la storia dell’isola d’Ischia sin dai suoi albori. Subito al di sotto del piano di calpestio si trovò un altro pavimento a piastrelle maiolicate incastonate tra mattoni grezzi risalente al 1470; continuando a scavare si arrivò a mettere in luce i resti di un pavimento romano in opus cementicium e tre sarcofagi. Il rettore della chiesa, Pietro Monti decise allora di indagare sistematicamente tutta l’area al di sotto dell’attuale Basilica. I lavori proseguirono sino al 1974 ed hanno permesso di individuare principalmente due contesti diversi. Un’area cimiteriale con sepolture stratificate su tre livelli identificati da diverse tipologie deposizionali che vanno dal VI-VIII sec. d. C. al IV sec. d. C.; tra queste da segnalare sono le “tombe a cappuccina” in cui il corpo inumato veniva coperto da tegole o mattoni disposti a spiovente; per i bambini è invece testimoniato il diffuso uso dell’ enkytrismos ossia l’inumazione in anfore. L’altra area scoperta è quella che probabilmente doveva essere la zona industriale della colonia greca di Pithekoussai. Infatti sono ben visibili impianti di fornaci, officine per la lavorazione dell’argilla e vaschette di decantazione. I vasi prodotti qui erano esportati dai primi coloni greci in tutto il Mediterraneo, testimonianza del ruolo centrale che ha sempre avuto l’isola come luogo di incontro di popoli e culture diverse. Questa vivacità è testimoniata anche dai materiali che ritroviamo nelle sale sotterranee adiacenti agli scavi. Tra questi, oltre ai vari corredi, cippi funerari romani e cristiani, da notare è una testina fittile raffigurante la dea Demetra (IV sec. a.C.) e numerosissimi esemplari di ceramica greca geometrica e subgeometrica. Su uno di essi è stata graffita una incisione che riproduce la costellazione di Bootes, punto di riferimento per gli antichi navigatori euboici verso il lontano occidente. Possiamo poi trovare un’antefissa in argilla a vernice rossa (VI secolo a.C.) e un’arula in marmo bianco levigata a scalpello (III secolo a.C.). Al di sotto del livello della chiesa attuale sono visibili i resti dell’antica basilica paleocristiana, nucleo primigenio del cristianesimo isolano, di cui sopravvivono i pilastri di tufo, il sedile per il presbiterium, un antichissimo fonte battesimale e uno scorcio di affresco del V sec. d.C. raffigurante una croce gammata. La caratteristica che rende unico questo luogo è la commistione tra le evidenze archeologiche e percorso espositivo, tanto che ad essere musealizzata è l’intera area di scavo, possiamo dunque parlare di un vero e proprio “museo dello scavo”.
a cura di Francesco Lamonaca