Gli Ent – Notizie etnografiche e linguistiche

Gli Ent, chiamati in tal modo dalla gente di Rohan, erano gli esseri più antichi nella Terza Era della Terra di Mezzo. Venivano chiamati nella lingua Sindarin Onodrim (al plurale) o Enyd (al singolare).

Gli Eldar (i Primogeniti d’Ilúvatar, o detti più comunemente gli Elfi) li conobbero in tempi lontani, e dagli Eldar gli Ent attinsero non il loro linguaggio, bensì il desiderio di parlare. L’idioma che avevano creato era diverso da tutti gli altri: lento, sonoro, agglomerato, ripetitivo, serpeggiante da tutti i punti di vista, formato da una molteplicità di sfumature fra le vocali e di distinzione di tono e intensità che persino gli Eldar più eruditi non avevano mai tentato di trascrivere.

Gli Ent erano comunque molto abili nello studio dei linguaggi, che imparavano rapidamente e non dimenticavano mai più. Più di tutti amavano però gli idiomi degli Eldar, e in particolare l’antico Alto Elfico.

Gli strani nomi e vocaboli che gli Hobbit udirono pronunciare da Barbalbero e dagli altri Ent era in Elfico, o frammenti di lingue elfiche collegati insieme alla “maniera ent”. Alcuni sono Quenya, come per esempio:

Taurelilómëa-tumbalemorna Tumbaletaurëa Lómëanor”,

che può tradursi

Forestadallemilleombre-neraprofondavalle Profondavalleboscosa Terratetra“,

e che per Barbalbero significava più o meno:

Vi è un’ombra nera nelle profondi valli della foresta“.

Tratto da J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”, Appendice F, Notizie etnografiche e linguistiche, A proposito delle altre razze, pagg. 1221-1222 – Edizione Bompiani Vintage – Tutti i diritti sono riservati agli autori citati.

Ent – Barbalbero

In copertina e nell’articolo : Treebeard di John Howe

Gli Orchi e il Linguaggio Nero

Orchi è il nome dato a questo popolo malefico dalle altre genti, adottato in origine dai Rohirrim. In Sindarin il nome era orch, indubbiamente imparentato con il termine uruk nel Linguaggio Nero, benché questo venisse di solito esclusivamente applicato ai grossi Orchi soldati provenienti da Mordor e da Isengard. Le altre razze venivano chiamate, specialmente dagli Uruk-hai, snaga, «schiavi».
Gli Orchi furono inizialmente allevati nei Tempi Remoti dall’Oscuro Potere. Pare che non avessero un loro linguaggio, ma che s’impadronissero di un gran numero di vocaboli degli altri idiomi, manipolandoli a modo loro; eppure non riuscivano a creare che dialetti brutali, appena sufficienti a esprimere ciò che era loro necessario, cioè maledizioni e bestemmie. Questi esseri pieni di malvagità, che odiavano persino i loro simili, svilupparono velocemente un numero tanto vasto di barbari dialetti quanto numerosi erano i loro vari gruppi e accampamenti, rendendo così estremamente difficile la comunicazione fra i membri delle diverse tribù.
Fu così che durante la Terza Era gli Orchi incominciarono a usare la lingua Ovestron che permetteva alle varie tribù di comunicare fra loro; inoltre molti dei gruppi più antichi, come quelli che dimoravano nel Nord e nelle Montagne Nebbiose, usavano da tempo l’Ovestron come propria lingua, ma in un modo tale da farlo diventare brutto e sgradevole quasi quanto i dialetti delle tribù. In questo idioma, tark, «uomo di Gondor», era una forma accorciata di tarkil, un termine Quenya per indicare in Ovestron chi fosse di discendenza numenoreana.
Si dice che il Linguaggio Nero fosse stato elaborato da Sauron durante gli Anni Oscuri e che egli desiderasse farne la lingua di tutti coloro che lo servivano, fallendo però nel suo intente. Dal Linguaggio Nero derivarono comunque molte parole di uso frequente, e assai diffuse fra gli Orchi, come ghâsh, «fuoco», ma dopo la prima sconfitta di Sauron tale idioma nella sua forma originaria venne dimenticato da tutti, eccetto che dai Nazgûl. Quando Sauron risorse, esso tornò ad essere il linguaggio di Barad-dûr e dei capitani di Mordor. L’iscrizione sull’Anello era nell’antico Linguaggio Nero, mentre le maledizioni dell’Orco di Mordor nelle Due Torri erano pronunciate nella forma svilita in uso presso i soldati della Torre Oscura, di cui Grishnâkh era il capitano. Sharkû in quell’idioma significa «vecchio uomo».

J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, APPENDICE F, NOTIZIE ETNOGRAFICHE E LINGUISTICHE, “A proposito delle altre razze”

Woses, gli uomini dei tamburi

Uomini Selvaggi dei Boschi. Sono superstiti di un antico popolo di uomini, vagano nella Foresta Druadana e comunicano tramite il suono di tamburi. Temendo un ritorno degli Anni Oscuri durante la Terza Età si allearono con il Mark.

fonte: Eldalie.com

Li troviamo citati nel capitolo “Molte Separazioni” ne “Il Ritorno del Re”:

Senza fretta e con serenità traversarono l’Anórien, e giunsero al Bosco Grigio presso Amon Dîn; e là udirono come dei tamburi rullare sulle colline, pur senza vedere alcun essere vivente. Allora Aragorn fece squillare le trombe e gli araldi gridarono: «Mirate, il Re Elessar è venuto! La Foresta di Drùadan egli dona a Ghân-buri-ghân ed alla sua gente; che appartenga loro per sempre, e che nessun mortale vi entri senza il loro permesso!». Allora i tamburi rullarono a lungo, e poi tacquero.

In copertina: Ted Nasmith, The aid of the wild men