10 Giorni di Ronald ed Edith – Tolkien e la sua storia d’amore – Giorno 10

[…] Le condizioni di vita non erano generalmente molto confortevoli, e nel tempo libero tra i pasti immangiabili, le trincee da scavare e le letture sulle mitragliatrici c’era poco da fare tranne che giocare a bridge. […]

“Tra i superiori non esistono gentiluomini”, disse a Edith, “e persino gli essere umani sono rari”.

All’inizio del 1916 […] imparò a usare il codice Morse […] e fu nominato ufficiale segnalatore del battaglione.

Si avvicinava il momento dell’imbarco per la Francia, e con Edith decisero di sposarsi prima che egli partisse, poiché il terribile numero di morti fra le truppe inglesi rendeva drammaticamente chiaro come fosse possibile che non tornasse mai più. In ogni caso avevano aspettato anche più del tempo necessario, poiché ormai Ronald aveva ventiquattro anni ed Edith ventisette.

[…] Andò a Birmingham per incontrare Padre Francis e parlare della questione economica, e per dirgli che stava per sposare Edith. Si misero d’accordo riguardo le azioni; tuttavia, non fu capace di comunicargli la notizia del matrimonio. Non era riuscito a dimenticare l’opposizione di padre Francis alla loro storia, sei anni prima. Solo a quattordici giorni dalla data delle nozze si decise a scrivere e a spiegarsi. La lettera che ebbe in risposta fu cordiale: padre Francis augurava loro “ogni felicità e bene”. […]

Ronald Tolkien ed Edith Bratt furono uniti in matrimonio da padre Murphy dopo la prima messa del mercoledì 22 marzo 1916. […] Ci fu uno sfortunato pasticcio: Edith non si era resa conto che, al momento della firma sul registro, avrebbe dovuto dare le generalità del padre, e non aveva mai detto a Ronald di essere figlia illegittima. Di fronte al registro fu presa dal panico e scrisse il nome di uno zio, Frederick Bratt, ma non le venne in mente niente da scrivere alla voce “Professione del padre”, sicché la lasciò in bianco.

Quando, in seguito, confessò la verità a Ronald, lui le scrisse:

Adesso mi sembra di amarti ancor più teneramente, moglie mia. Ma dobbiamo dimenticarci al più presto di tutto questo e affidarlo a Dio.

Dopo le nozze partirono in treno per Clevedon, nel Somerset, dove si sarebbero fermati per una settimana. Nello scompartimento entrambi si misero a scribacchiare, sul retro di un telegramma di auguri, la nuova versione della firma di Edith: Edith Mary Tolkien… Edith Tolkien… Mrs. Tolkien… Mrs. J.R.R. Tolkien.

Suonava splendidamente.

 

Humphrey Carpenter, “J.R.R. Tolkien. A Biography”. Cap. 7, La guerra, pag. 125-127

10 Giorni di Ronald ed Edith – Tolkien e la sua storia d’amore – Giorno 9: “Cambiamenti”

[…] In conseguenza di questa crisi Edith decise di andare a vivere con la cugina Jennie Grove, una donna di mezza età, piccola e determinata, afflitta dalla gobba. Le due donne, insieme, cominciarono a cercare un appartamento. Sembra che venne loro suggerito di trasferirsi ad Oxford, in modo che Edith fosse vicina a Ronald. Ma pare che lei non lo desiderasse: forse nutriva un qualche risentimento per le pressioni che lui aveva fatto a proposito della scelta religiosa, e sicuramente preferiva mantenere una vita indipendente fino al giorno del matrimonio. Dopo una breve ricerca riuscirono a trovare temporaneamente alcune stanze (a Warwick) dove Ronald, nel giugno del 1913, le raggiunse. […] Lui e Edith fecero un giro in barca sull’Avon. Parteciparono insieme a una benedizione eucaristica nella chiesa cattolica, dalla quale

“uscimmo” scrisse, “felici e sereni. Questa era la prima volta che eravamo riusciti ad andare tranquillamente in chiesa fianco a fianco”

Cercarono una casa per Edith e Jennie, e quando le trovarono una adatta a loro ci furono tantissime cose da sistemare. Ronald trovava irritante passare le ore a risolvere i problemi domestici. A dire il vero lui ed Edith quando stavano insieme non sempre erano felici; non si conoscevano più molto bene, avendo trascorso tre anni separati l’uno dall’altra, vivendo per di più in due mondi completamente diversi; l’uno abitato da soli uomini, chiassoso e accademico, e l’altro casalingo e delicato, composto sia di uomini sia di donne.

[…] D’ora in poi ciascuno dei due avrebbe dovuto fare concessioni all’altro, se volevano realmente comprendersi. […] Ronald si rivolgeva a Edith chiamandola “piccolina”, il vezzeggiativo che preferiva, e parlava con dolcezza della loro “casetta”; ma lei era tutto tranne che piccola nella personalità e, quando erano insieme, spesso facevano fuoco e fiamme. […] Tra lui ed Edith c’era un profondo amore, ma spesso lui lo inseriva in un cliché romantico, mentre se si fosse mostrato a lei anche nel suo aspetto intellettuale e l’avesse coinvolta nella compagnia dei suoi amici forse lei si sarebbe risentita meno quando questi elementi – in seguito- sarebbero venuti a invadere buona parte della loro vita matrimoniale. Ronald volle invece tenere questi aspetti della sua vita sempre nettamente separati. […]

L’8 gennaio 1914 fu accolta nella Chiesa cattolica romana. La data era stata scelta da lei e Ronald perchè in quel giorno cadeva il primo anniversario del loro riavvicinamento. Subito dopo, in chiesa, lei e Ronald furono dichiarati ufficialmente fidanzati da padre Murphy. […]

Mentre Tolkien scriveva The Voyage of Earendel, verso la fine dell’estate del 1914, l’Inghilterra dichiarava guerra alla Germania. I giovani si arruolavano a migliaia, rispondendo all’appello alle armi proclamato da Kitchener. […] Si rasserenò quando venne a sapere che esisteva una disposizione grazie alla quale avrebbe potuto svolgere l’addestramento militare pur continuando a frequentare l’università, e rimandare così la partenza fino al conseguimento della laurea…

 

Humphrey Carpenter, “J.R.R. Tolkien. A Biography”. Cap. 6, Riuniti, pag. 106-108, Cap. 7, La guerra, pag. 118

10 Giorni di Ronald ed Edith – Tolkien e la sua storia d’amore – Giorno 8: “Saltare il fosso”

[…] Edith temeva che suo “zio” Jessop, nella casa del quale tuttora viveva, avrebbe potuto risentirsi, poiché come molte persone della sua età e del suo ceto era rigorosamente anticattolico.

Le avrebbe consentito di vivere ancora sotto il suo tetto fino al momento del matrimonio, se lei avesse saltato il fosso? Si trattava di una situazione delicata, ed Edith suggerì di rimandare ogni decisione al momento in cui si sarebbero fidanzati ufficialmente, o addirittura fino al momento del matrimonio.

Ma Ronald non voleva saperne. Pretendeva che ella agisse in fretta; disprezzava infatti la Chiesa d’Inghilterra, che definiva “un patetico e confuso miscuglio di tradizioni ricordate a metà e di credenze mutilate”.

Se anche Edith fosse stata perseguitata per la sua decisione di diventare cattolicam che cosa c’era di strano? Era capitata la stessa cosa alla sua cara madre, e lei aveva resistito.

Credo intimamente, scrisse a Edith, che nessuna mancanza di coraggio e nessun timore mondano debbano distoglierci dal seguire con dirittura la Luce

(lui a sua volta, aveva ripreso a frequentare regolarmente i Sacramenti, e forse aveva deciso di dimenticare le sue mancanze degli anni precedenti).

Il fatto che Edith dovesse convertirsi al cattolicesimo aveva per lui un forte significato emotivo; forse, anche se non lo avrebbe mai ammesso, lo considerava una riprova dell’amore di lei dopo la mancanza di fedeltà dovuta al fidanzamento con George Field.

Così Edith fece quello che lui desiderava: comunicò agli Jessop la sua decisione di diventare cattolica; e lo “zio” reagì esattamente come lei aveva temuto, ingiungendole di lasciare la sua casa non appena avesse trovato un’altra sistemazione.

Humphrey Carpenter, “J.R.R. Tolkien. A Biography”. Cap. 6, Riuniti, pag. 100-106